Tumore glomico
I corpuscoli glomici sono stati descritti per la prima volta da Guilde, nel 1941, come piccole masse di cellule epitelioidi con ricca vascolarizzazione, localizzate vicino o nell’ambito dell’avventizia del bulbo della giugulare. Nel 1953 lo stesso Autore ne riscontrò la presenza lungo il decorso delle branche timpaniche del nono e del decimo nervo cranico (rispettivamente, nervo di Jacobson e nervo di Arnold).
I corpi glomici della regione timpanica e giugulare insieme a quelli della biforcazione carotidea e del nervo vago sono classificati come tessuto paragangliare, che deriva dalla cresta neurale gangliare. Mentre i corpi carotidei e vagali esplicano sicuramente la funzione di chemorecettori sensibili ai cambiamenti della tensione di ossigeno, ciò non è dimostrato per quelli timpanici e giugulari.
Il termine tumore glomico timpanico è riservato a quei tumori che nascono nel mesotimpano mentre il termine tumore glomico timpano-giugulare va attribuito a quelli che prendono origine dal bulbo della giugulare o dall’ipotimpano con estensione secondaria al bulbo. Ricevono l’irrorazione soprattutto dall’arteria faringea ascendente. Sono tumori trasmessi ereditariamente come carattere autosomico dominante con una penetranza che aumenta con l’età.
Nella maggioranza dei casi il sintomo iniziale è rappresentato da ipoacusia trasmissiva, percettiva o mista. L’acufene pulsante, sincrono con il polso è il sintomo più frequente. Il tumore può estendersi verso il labirinto, manifestandosi con una vertigine di tipo periferico, verso il forame giugulare, compromettendo la funzionalità di uno o più nervi misti (IX, X, XI) o verso il processo condiloideo, determinando la paralisi del nervo ipoglosso. La paresi/paralisi pre-operatoria dei nervi misti, causata dalla compressione tumorale, non avviene improvvisamente in quanto l’espansione del tumore è lenta. Ciò è importante dal punto di vista del decorso post-operatorio poichè in questi pazienti i fenomeni di compenso controlaterale si sono già instaurati (compenso della corda vocale controlaterale che scavalca la linea mediana per raggiungere la corda paralizzata) riducendo notevolmente il rischio di polmonite ab ingestis. Invece nei pazienti che non hanno un deficit pre-operatorio dei nervi misti, per i quali si renda necessario il sacrificio di tali nervi durante l’intervento, l’alimentazione dell’immediato periodo post-operatorio, e fino a quando non si instaurino i meccanismi di compenso, avviene mediante sondino naso-gastrico. Un’alternativa è quella di medializzare la corda vocale paralizzata o iniettando del teflon per via endoscopica o facendo una tiroplastica con cartilagine o silicone.
Classificazione dei tumori glomici sec. Fisch (1978). ICA= carotide interna intrapetrosa, FL=forame lacero anteriore
Classe A | glomo timpanico |
Classe B | glomo timpanomastoideo |
Classe C | glomo timpanogiugulare |
Classe C1 | ” ” esteso al forame carotideo |
Classe C2 | ” ” esteso all’ICA fino al ginocchio |
Classe C3 | ” ” esteso all’ICA orizzontale dal ginocchio |
Classe C4 | ” ” esteso lungo l’ICA fino al forame lacero anteriore |
Classe D | estensione intracranica |
Classe De (1-2) | estensione intracranica extradurale |
Classe Di (1-2) | estensione intracranica intradurale |
Nel 1978 Fisch propose una via d’accesso, detta via infratemporale tipo A, per il trattamento dei tumori localizzati nel forame giugulare (considerati, fino ad allora, inoperabili soprattutto per la presenza del nervo facciale nel campo chirurgico e per l’inaccessibilità dell’arteria carotide intrapetrosa).
Per superare questi ostacoli Fisch propose di trasporre anteriormente il nervo facciale (re-routing anteriore) offrendo un accesso chirurgico diretto a tutto il tratto intrapetroso dell’arteria carotide interna oltre al controllo dei grossi seni venosi.
L’unico deficit postoperatorio è l’ipoacusia di conduzione dovuta alla petrosectomia subtotale con conseguente obliterazione dell’orecchio medio.
La via infratemporale tipo A è generalmente usata per la rimozione dei tumori glomici dell’osso temporale di tipo C e D della classificazione di Fisch. Nelle estensioni intradurali superiori a 2 cm di diametro è preferibile adottare una strategia a stadi rinviando la rimozione della porzione intradurale del tumore dopo 6-8 mesi.
Tale strategia chirurgica evita, infatti, la liquorrea postoperatoria che si avrebbe in una grandissima percentuale dei casi di rimozione totale in un solo tempo: essa è la conseguenza di un’ampia resezione durale, infiltrata dal tumore, e,quindi, della connessione tra spazi subaracnoidei e tessuti del collo. Adottando questa strategia a stadi non abbiamo mai avuto casi di liquorrea.
Glomo timpanico e timpanomastoideo (glomi tipo A e B)
I tumori glomici sono tumori benigni che originano da alcuni corpuscoli deputati al controllo della pressione sanguigna distribuiti lungo il decorso di alcuni nervi a livello dell’orecchio medio e della base del cranio. A causa della loro ricca vascolarizzazione (l’intera massa tumorale è piena di sangue) questi tumori danno origine ad un disturbo abbastanza specifico: l’acufene pulsante (rumore pulsante nell’orecchio). Naturalmente le dimensioni e la localizzazione del tumore determinano la presenza di altri sintomi, primo fra tutti l’ipoacusia.
A secondo del luogo di origine e del successivo accrescimento, vengono poi distinti nei seguenti tipi :
Classe A – tumore glomico timpanico
Classe B – tumore glomico timpano-mastoideo
Classe C – tumore glomico timpano-giugulare
Tumore glomico timpanico
Tumore glomico timpano-mastoideo
Rischi chirurgici
la fuoriuscita di liquido cerebrale la meningite l’ascesso cerebrale
Disturbi postoperatori
Precauzioni postoperatorie
Tumore glomico timpano-giugulare
Nel corso della loro estensione poi questi tumori possono giungere ad interessare altre strutture, quali l’arteria carotide interna, che è la più importante arteria che porta sangue al cervello, il nervo ipoglosso che permette il movimento di metà lingua, l’orecchio interno nelle sue componenti uditiva e dell’equilibrio (vestibolare) ed il nervo facciale, che controlla il movimento dei muscoli di metà faccia. Più raro è il coinvolgimento di altri nervi, quali quelli deputati alla motilità dell’occhio, e dell’arteria vertebrale.
Il coinvolgimento dei vari nervi da parte del tumore non significa che detti nervi non funzionino, anzi spesso la loro funzionalità preoperatoria è normale.
Solitamente il tumore attraversa il forame giugulare per cui risulta composto da una parte intracranica e da una parte extracranica (nel collo).
Quando il tumore si estende internamente alla dura ( lo strato più esterno delle meningi ) e quindi entra in contatto con le strutture cerebrali, può essere necessario suddividere l’intervento in due distinti tempi chirurgici, da eseguirsi a circa 6 mesi di distanza. Questo per diminuire il rischio postoperatorio di una fuoriuscita del liquido che avvolge il cervello (liquorrea) e di conseguenza il rischio di una possibile meningite.
Precauzioni postoperatorie
La ricca vascolarizzazione del tumore necessita di alcuni particolari accorgimenti preoperatori. I primi 3 vengono effettuati di routine in tutti i pazienti affetti da tumore glomico timpano-giugulare; gli altri vengono riservati solo a tumori con estensione particolare.
Autotrasfusione. Essendo spesso necessaria una trasfusione di sangue è consigliabile effettuare un predeposito circa 7-10 giorni prima dell’intervento, in modo che, in caso di necessità, la trasfusione viene effettuata con sangue dello stesso paziente.
Arteriografia. Consiste in uno studio radiologico che si effettua in anestesia locale tramite l’introduzione di un mezzo di contrasto iodato attraverso un’arteria della coscia (arteria femorale). L’arteriografia da importantissime informazioni sulla natura del tumore, sulla sua vascolarizzazione sui rapporti con le strutture vicine ed i particolare da l’esatta nozione delle arterie che portano il sangue al tumore. In seguito a questo esame viene deciso se è necessario eseguire l’embolizzazione ele prove di funzionalità dell’arteria carotide interna. L’esame permette inoltre di studiare le vene che drenano il sangue della testa. In casi particolari il principale scarico venoso risulta essere proprio il bulbo della giugulare del lato da operare. Non essendo possibile risparmiare questo vaso nel corso dell’intervento, in tale situazione è consigliabile rinviare l’operazione, per evitare problemi dovuti alla stasi venosa cerebrale. Generalmente la crescita del tumore comporta una lenta chiusura del bulbo della giugulare con contemporaneo sviluppo compensatorio di vasi secondari, il che rende possibile l’esecuzione dell’intervento.
Embolizzazione. Con tale procedura si provvede a chiudere i vasi che portano sangue al tumore, attraverso il posizionamento di piccole particelle o spirali metalliche all’interno dei vasi stessi. Viene effettuata in anestesia generale per mezzo dell’inserzione di una sottile sonda che attraverso l’arteria femorale viene fatta risalire fino ai vasi interessati. Affinchè tale trattamento abbia la massima efficacia va eseguito nelle 72 ore che precedono l’intervento, e necessita di un ricovero.
Test di occlusione. E’ uno studio che va effettuato ogni volta che si ritenga necessario chiudere l’arteria carotide o, più raramente, l’arteria vertebrale. Si esegue in anestesia locale e consiste nell’introduzione attravero l’arteria femorale di una piccola sonda recante all’estremita un palloncino. Tale palloncino viene gonfiato una volta raggiunta la giusta posizione all’interno dell’arteria interessata. Per circa 1/2 h viene quindi controllato lo stato neurologico del paziente.
Occlusione con palloncino. Nei pazienti che superano il test di occlusione vengono posizionati dei palloncini staccabili all’interno dell’arteria interessata, allo scopo di occluderla definitivamente. Tale procedura va eseguita almeno 30 giorni prima dell’intervento chirurgico, così da dar modo al cervello di abituarsi alla nuova situazione di apporto sanguigno.
Trattamento chirurgico
L’intervento chirirgico più frequentemente usato nella rimozione di questi tumori è detto via infratemporale tipo A. L’incisione parte da sopra l’orecchio e si estede fino al collo. Nel corso dell’intervento il nervo facciale, anche quando non è coinvolto dal tumore, deve essere spostato dal suo canale osseo, allo scopo di avere un accesso migliore all’area interessata dal tumore. Questo spostamento comporta un deficit temporaneo, più o meno completo, della funzionalità del nervo, con buon recupero funzionale nel giro di qualche mese nella maggior parte dei casi. Quando il nervo facciale risulta invaso dal tumore è necessario rimuovere la parte coinvolta e quindi ricostruirla con un innesto di un altro nervo (generalmente prelevato da una caviglia). In questo caso il recupero della funzionalità della metà faccia è protratto nel tempo e sempre parziale.
L’udito, quasi sempre compromesso dal tumore stesso, non è mai recuperabile, essendo necessaria una rimozione della membrana timpanica e del sistema degli ossicini con chiusura a cul di sacco del condotto uditivo esterno. Spesso, a causa dell’estensione tumorale, è anche necessario sacrificare l’orecchio interno, con conseguente sordità totale dal lato operato.
Salvare i nervi coinvolti durante l’intervento di rimozione del tumore è particolarmente difficile. Quando i nervi coinvolti vengono sacrificati si hanno dei problemi nel postoperatorio, in particolare legati alle difficoltà di deglutizione, col rischio che del cibo possa finire nei polmoni provocando una polmonite. Tali difficoltà vengono generalmente superate velocemente nei pazienti giovani (nel giro di 5-6 giorni), con più difficoltà negli anziani, tanto che in alcuni casi è preferibile eseguire una rimozione tumorale parziale piuttosto che rischiare di ledere i nervi. Una paralisi dei nervi già presente prima dell’intervento in quanto provocata dal tumore rende più semplice il periodo postoperatorio. Questo perchè il tumore generalmente provoca delle paralisi graduali che vengono compensate molto meglio dall’organismo rispetto ad una paralisi improvvisa quale si ha frequentemente in seguito all’intervento.
In alcuni casi il tumore invade una parte di osso (condilo occipitale) deputata alla stabilizzazione della testa. Quando nel corso dell’intervento risulta necessario rimuovere tale osso, nel postoperatorio viene usato un collare a scopo precauzionale. In caso di instabiltà permanente del capo è indicato eseguire un successivo intervento per fissare la testa alla colonna cervicale. Successivamente ad un intervento del genere la testa non può più essere ruotata indipendentemente dal tronco. Tale eventualità è peraltro rarissima.
Al termine dell’intervento la cavità chirurgica viene riempita con del grasso prelevato dall’addome.
Al risveglio dall’anestesia il paziente viene portato in una camera di terapia intensiva dove sarà sottoposto a controlli molto frequenti per tutta la durata della prima notte. Se nel corso di quest’ultima non insorgerà alcun tipo di problema, la mattina successiva il paziente sarà nuovamente spostato nella sua camera.
Negli interventi eseguiti in 2 tempi il secondo intervento viene effettuato attraverso la stessa incisione del primo. I deficit che possono seguire il 2° intervento sono quelli già descritti. In caso di tumori con una porzione intradurale che prende contatto con alcune importanti strutture cerebrali sono inoltre presenti i rischi della chirurgia della fossa cranica posteriore, in particolare l’emiplegia e la morte, seppur in percentuali estremamente basse.
Trattamenti alternativi
Rischi chirurgici
- Peggioramento della sordità/Sordità totale nel lato operato: si verifica inevitabilmente a causa della rimozione di parte dell’orecchio.
- Infezione
- Emorragia
- Paralisi/Paresi temporanea del facciale (in casi rarissimi non vi è alcun recupero della funzionalità)
- Disfagia (difficoltà all’alimentazione): frequente nell’immediato postoperatorio. Di solito col tempo si instaura un buon compenso
- Disfonia (diminuzione del tono della voce): frequente nell’immediato postoperatorio. Di solito col tempo si instaura un buon compenso
- Difficoltà al sollevamento della spalla
- Paralisi di metà lingua
- Polmonite “ab injestis”: uno dei più pericolosi rischi connessi alla disfagia ed alla paralisi della corda vocale. Il suo verificarsi comporta un’allungamento dei tempi di ricovero, con necessità di una prolungata terapia antibiotica e nutrizione attraverso una sonda naso-gastrica. Nei casi più gravi è necessaria l’esecuzione di una tracheotomia temporanea.
- Liquorrea (fuoriuscita del liquido in cui è immerso il cervello): è una complicanza rara ma pericolosa in quanto può portare alla meningite. Può avvenire attraverso la ferita chirurgica, attraverso il naso, oppure il liquor può accum ularsi nel collo. Nel caso di un suo verificarsi andranno messe in atto alcune misure quali fasciatura compressiva, riposo a letto, inserzione di un drenaggio spinale e revisione della ferita chirurgica.
- Meningite
- Ematoma addominale : va riaperta la ferita e svuotato in anestesia locale
- Instabilità del capo: solo in caso di esteso interessamento del condilo occipitale da parte del tumore
- Vertigini ed instabilità: frequenti nei primi giorni quando si sacrifica l’orecchio interno. In genere il recupero è molto veloce
- Deficit di motilità oculare: molto raro, solitamente è solo temporaneo
- Morte
- Deficit neurologici importanti quali l’emiplegia (paralisi di metà corpo) temporanei o permanenti
- Ematoma intradurale: questa complicanza si può verificare nelle prime 48 h e comporta un rapido decadimento della coscienza fino al coma. Necessita di un intervento immediato per rimuovere l’ematoma.
Precauzioni postoperatorie
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